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LE RICOMPENSE DELL’INSONNIA
Parte 1
Era tutto inutile… non ci riuscivo. Colpii il mio cuscino ancora una volta e provai a cambiare posizione nel letto, ma sapevo che il sonno non sarebbe arrivato. Erano già le 3 del mattino e non ero stato capace di chiudere gli occhi neanche per 5 minuti.
Non era la prima volta che succedeva. Dalla mia… conversione, era sempre stato molto difficile per me addormentarmi. Il professor Gilmour dice che tutto questo è dovuto alla mia velocità; le molecole del mio corpo sono talmente cariche che lasciano la mia mente in uno stato di eccitazione, o qualcosa del genere, non prestai molta attenzione alla spiegazione.
Alla fine, decisi di alzarmi.
Normalmente, quando questo accade, esco e faccio una lunga passeggiata. Mi piace sentire la sabbia sotto le mie scarpe, respirare l’aria del mare. Spesso sembra più una corsa che una camminata tranquilla. Poi, rientro in camera mia, mi siedo sul letto e fisso un angolo scuro della stanza, ascoltando inerme il silenzio che la circonda.
Io odio il silenzio. Mi spinge a pensare, farmi domande, ricordare, incolparmi e persino odiarmi.
Stava piovendo fuori, non era il tempo ideale per una passeggiata, ma decisi che la pioggia era sempre preferibile a quell’atmosfera… ad un tratto un rumore attirò la mia attenzione; era il pianto di un bambino, così debole che si poteva udire a malapena, sentii una porta aprirsi, un rumore di passi nel corridoio ed un’altra porta aprirsi di nuovo.
Un minuto dopo, il pianto si fermò.
Sapevo bene che cos’era, 001 si era svegliato e 003 se ne era accorta, così era andata a controllare. Non avevo mai sentito 001 svegliarsi a quest’ora, o forse non me ne ero mai accorto prima. Pensai che doveva essere successo parecchie volte e 003 era sempre andata da lui per tranquillizzarlo.
003… un’altra ragione per cui non potevo dormire ultimamente. Durante il giorno era facile negare quello che sento, perché interagivo con gli altri, preparando le varie operazioni nei minimi dettagli, ma durante la notte non riuscivo a scacciare la sua immagine dalla mia mente.. la sua pelle, i suoi occhi azzurri… Confesso che le mie fantasie su di lei non sono sempre state molto innocenti… ma i miei pensieri sono sempre rimasti solo con me.
A volte quello che pensavo imbarazzava persino me. Come diavolo potevo guardarla negli occhi al mattino, quando avevo fantasticato su di lei tutta la notte? Non lo so, però ci riuscivo.
Dopo un po’ non sentii 003 tornare nella sua camera e la curiosità prese il sopravvento, così infilai una t-shirt e, silenziosamente, uscii dalla mia stanza e mi avvicinai alla porta semi-aperta della camera di 001.
Guardai dentro, facendo attenzione a non rivelare la mia presenza, e vidi 003 con indosso un pigiama blu ed i suoi capelli biondi legati in una lunga coda che le ricadeva sulle spalle. Era seduta sopra una sedia a dondolo, con 001 in braccio. Stava dando al bambino il suo biberon, cantandogli dolcemente una canzoncina che sicuramente era molto conosciuta da tutti i bambini francesi. 001 sembrava gradire molto la cosa, poiché stava lentamente addormentandosi di nuovo.
“Chissà se riuscirebbe a far dormire anche me…” pensai per un secondo, ironicamente…
Quel quadretto era così dolce e tranquillo che non volli interromperlo, così decisi di lasciarli…
“Non è necessario che tu te ne vada, si è già addormentato” disse una voce dietro di me. Io mi voltai. 003 mi stava guardando sorridendo, portandosi una mano al suo orecchio, per ricordarmi il suo super udito. Mi sentii la faccia bruciare, sicuramente ero rosso come un peperone. Di tutte le reazioni involontarie del corpo umano, arrossire era quella che detestavo di più. Naturalmente, perché mi accadeva.
”Scusami, non volevo spiarvi, stavo giusto…”
Lei si alzò e si avvicinò alla culla di 001. Decisi di entrare e mi avvicinai a lei mentre posava il bambino nel suo letto. Lo coprì con una piccola trapunta e gli accarezzò la fronte. Non sapevo bene che cosa fare, così dissi la prima cosa che mi passò per la mente.
“E’ così strano, sono così abituato a vedere 001 agire sempre secondo una logica ben precisa, che spesso dimentico che è solo un bambino dopotutto”.
“Già. Credo che lui stesso lo dimentichi, ma secondo il dottor Gilmour, durante il sonno emergono i suoi veri sentimenti”.
Allora si volse verso di me, mi sorrise e continuò a prestare attenzione a 001. Il suo sorriso aveva qualcosa di triste e stanco.
“Perché ti occupi di 001 con così tanto affetto? Voglio dire, noi siamo una squadra, tutti ci preoccupiamo per lui, ma tu fin dall’inizio ti comporti come… sì, insomma…”
”Come una madre?” completò la frase per me.
“Beh… sì”
Trasse un respiro profondo ed uscì dalla stanza, io la seguii e lei richiuse la porta dietro di sé. Poi, si diresse verso la cucina, aprì il frigorifero e ne prese un contenitore con del succo d’arancia. Io presi due bicchieri e li sistemai sulla tavola.
“Hai deciso di farmi compagnia?” disse, indicando il succo e sorridendomi. Adoravo il suo sorriso, se solo avessi potuto…
“Sì… tanto ormai non riesco più a dormire”.
“Già, il sonno se n’è andato anche per me” rispose, scrollando le spalle.
Ci sedemmo l’uno di fronte all’altra, senza dire niente per un paio di minuti. La pioggia stava ancora cadendo ed ora era anche accompagnata da qualche tuono.
“003…” cominciai, ma vidi un gesto di disgusto sul suo viso. L’avevo notato anche prima… Ultimamente, quando non siamo in battaglia o durante una missione, lei non reagisce bene al suono di quel numero.
“Non ti piace essere chiamata con il codice, vero?”
”E tu?” rispose “tu preferisci essere chiamato con un numero? Io no, ogni volta che qualcuno di voi lo fa mi ricorda quello che ho perso… Cerco di mantenere qualcosa di umano… Ci diciamo costantemente che niente è cambiato in noi, che i nostri cuori, le nostre menti, sono sempre gli stessi di una volta, però ci chiamiamo con un codice che sembra il marchio di qualche prodotto uscito da una fabbrica”.
Le sue parole erano calme e pacate, ma potevo sentirne tutta la loro rabbia e tristezza… mi sentii ferito, per lei, per me, per tutti noi. Provai un nodo allo stomaco.
Cerco sempre di non pensare a quello che mi è stato fatto, di vedere qualcosa di buono nel futuro, ma lei… aveva espresso con poche parole quello che io avevo sempre cercato di evitare. Sentii immediatamente il bisogno di farla stare meglio.
“Che ne dici se usassimo il tuo vero nome, invece di 003?”
“A volte mi sembra di non ricordarlo neanche…”
Voltò il suo sguardo verso la finestra, bevendo un altro sorso del suo succo d’arancia. “Già” dissi “anche a me”. Mi domandai segretamente come poteva suonare il mio nome detto da lei…
"Joe..."
Quel suono mi sorprese per un momento, non ero sicuro di averlo sentito davvero oppure se fosse stato solo un frutto della mia immaginazione… no… era reale. 003 mi aveva chiamato con il mio nome e questo mi provocò una sensazione di calore in tutto il corpo. La osservai nei suoi occhi azzurri, stava sorridendo.
“Beh… ora hai sentito il tuo nome ancora una volta, com’è stato?”
Non sapevo cosa rispondere, aprii la bocca un paio di volte, ma tutto quello che riuscii a fare fu sorriderle. Infine le dissi “Suona bene, detto da te, grazie… Françoise”.
L’ultima parte della risposta mi era uscita un po’ titubante. Lei arrossì, abbassò la testa e disse a voce bassa: “Fran”
"Uhm?"
“Di solito mi chiamavano Fran”
Mi domandai chi lo faceva. La famiglia? Gli amici? I ragazzi? Decisi di non indagare oltre.
“Mi piace, che ne dici se ti chiamiamo Fran da ora in poi?”
Lei appoggiò i gomiti sulla tavola e si prese il viso tra le mani.
“Non ne sono sicura…”
Allora, decisi di tentare. “Che ne dici se io ti chiamo Fran?”
Mi guardò negli occhi e sorrise. “Sì, mi piacerebbe molto, ma non di fronte agli altri e, naturalmente, solo se anch’io posso fare altrettanto.”
“Più che giusto” dissi e presi ancora del succo. Mi domandavo perché non voleva che anche gli altri la chiamassero per nome, se 003 le dava fastidio.
Scese di nuovo il silenzio tra di noi, mentre continuavamo a bere; potevamo sentire solo il suono della pioggia che continuava a cadere. Un lampo illuminò la stanza ed il suo volto. Mi sembrava davvero bellissima.
Può essere paradossale, ma cominciai ad aver paura… paura che una volta terminato il nostro colloquio ed i nostri bicchieri rimasti vuoti, lei se ne sarebbe andata via. Non volevo che se ne andasse, volevo restare lì con lei, parlarle e continuare a bere il succo d’arancia in cucina… per sempre. Anche se mi sentivo confuso, volevo che restasse, così decisi di ripetere la mia prima domanda ancora una volta.
“Non mi hai detto perché ti preoccupi così tanto di 001”.
Parte 2
Immediatamente, maledii me stesso. Il sorriso che ero riuscito a strapparle scomparve, ed un’ombra attraversò i suoi occhi. Guardò di nuovo in basso e rimase in silenzio; io vidi che una lacrima le scese sulla guancia.
“Hey, F… Fran, cosa c’è?” Mi alzai dal mio posto e mi sedetti vicino a lei; con mia grande sorpresa, mi abbracciò ed appoggiò la testa sul mio petto, non singhiozzava, ma sapevo che stava piangendo. Istintivamente, ricambiai il suo abbraccio. Era tutto così bello; il suo corpo tra le mie braccia, potevo sentire l’odore dei suoi capelli, avrei tanto voluto che la situazione fosse stata diversa.
Dopo pochi minuti si separò da me, non avrei mai immaginato di stare così male non sentendo più il suo calore. Si alzò e prese una tovaglietta e si asciugò gli occhi ed il naso, dopodichè mi chiese scusa. Io mi avvicinai e lei, posi una mano sulle sue e cercai di tranquillizzarla.
“Perché hai reagito così? Cos’è successo? Per favore, dimmelo” elemosinai. Lei mi guardò, un istante, poi i suoi occhi fissarono un punto imprecisato sulla parete dietro di me. Rimanemmo così per un minuto ed io pensai che non voleva parlarmi di ciò che la turbava, ma alla fine…
“Ho sempre pensato che lo sarei stata anch’io un giorno”
“Che cosa?” le chiesi confuso, lei guardò in basso.
“Una madre”.
Quella risposta mi lasciò con ancora più domande di prima, ma decisi di rimanere in silenzio ed ascoltare. Le sfuggì un singhiozzo ed una nuova lacrima scappò dai suoi occhi. Continuò…
“Il professor Gilmour me l’ha confermato oggi, non ne era sicuro, ma io lo sapevo già dentro di me… d’altra parte… che cosa se ne fa un cyborg di un utero?”
Sentii un gran freddo, le sue parole mi rimbombavano nella testa… Allora compresi il suo comportamento, il suo desiderio di sentirsi umana, di sentirsi… Fran, e non il cyborg 003.
“Vuoi dire… tu non…”
Scosse la testa. “Con la conversione ci hanno fatto mantenere molti organi umani, ma evidentemente quelli che ritenevano inutili, li hanno eliminati. Certo… ho notato subito dei cambiamenti, come l’assenza del mio ciclo, ma in fondo… speravo che qualunque cosa mi fosse stata fatta, poteva sempre essere invertita, che un giorno avrei avuto una vita normale… avrei avuto dei bambini… ma ora… anche questo sogno è svanito… non mi resta molto per cui continuare a vivere.”
Avevo sempre desiderato essere più vicino a Françoise, ed ora… parlavamo di qualcosa per lei così intimo e privato. Non sapevo cosa pensare, cosa dire. Mi pervase un dolore così acuto da togliere il respiro. In quel momento li odiavo tutti quanti, odiavo i Fantasmi Neri, odiavo la loro organizzazione, odiavo chi le aveva fatto questo e desideravo solo fargliela pagare. Dovevano soffrire.
Provai comunque ad allontanare quei sentimenti, in quel momento non erano utili né per me, né per lei. Tutto quello che potei offrirle fu ancora una volta il mio abbraccio e, con mia sorpresa, lei si abbandonò di nuovo a me. La tenni stretta e le detti un bacio sui capelli.
“Hai ancora tanti motivi per continuare a lottare Fran, forse non avrai la famiglia che sognavi, ma hai noi, siamo noi ora la tua famiglia, ti vogliamo bene, e quando tutto sarà finito con i Fantasmi Neri, potrai cominciare una nuova vita”.
“Probabilmente prenderemo tutti strade diverse. Perché rimanere insieme se avremo altre possibilità? Sì, forse ricominceremo un giorno, ma non ci sarà mai una famiglia per me, Joe”.
“Io non ti lascerei… mai”. Le parole mi uscirono di bocca prima che le avessi realizzate, il mio cuore iniziò a battere così forte che era praticamente impossibile per Françoise non sentirlo.
Lei alzò la testa e mi guardò, sembrava sorpresa. Mi prese la mano, stavo arrossendo, lo percepivo benissimo. Mi chiese, con voce tremante “Davvero?”
Davvero? domandai a me stesso. Avevo detto quelle parole sinceramente? Guardai dentro di me e la risposta era chiara come l’acqua. L’avevo sempre saputa, ma non l’avevo mai realizzata veramente fino a quel momento.
“Davvero”.
I suoi occhi stavano per piangere di nuovo, ma stavolta un sorriso comparve sulle sue labbra. Le presi il volto tra le mani e lo avvicinai a me. Non riuscii a resistere e la baciai.
Parte 3
Le nostre labbra si unirono in un tenero bacio e le sue braccia arrivarono al mio collo. Poi, lei aprì la bocca per permettermi di approfondire quel dolce contatto. Persi la cognizione del tempo e dello spazio, non sapevo più dov’ero, tutto quello che sapevo era che stavo baciando Françoise e che lei ricambiava il mio bacio.
La avvicinai ancora di più a me, tenendola stretta per paura che svanisse e che tutto fosse stato solo un altro sogno; le mie mani si insinuarono sotto il suo pigiama, sulla sua pelle…immediatamente, lei si separò da me…
“Joe, cosa stiamo facendo?”
Non che non lo desiderasse anche lei, potevo benissimo leggerlo nei suoi occhi, ma capii che non era certo questo il modo giusto per iniziare qualcosa di bello, anche se lo volevamo entrambi. Avevo avuto sempre così poco dalla vita, ma ora avevo lei, avevo bisogno di lei.
“Françoise… credo di essere innamorato di te”.
Sorrise come non le avevo mai visto fare prima e mi abbracciò.
“Penso di amarti anch’io Joe”.
Restammo così per molto tempo, non saprei dire quanto, ma avrei voluto che non finisse mai. Sapevo che avevamo fatto un passo molto importante. Le presi di nuovo il volto tra le mani ed appoggiai la mia fronte alla sua.
“Mi dispiace del fatto che non puoi avere bambini, darei qualsiasi cosa per non vederti soffrire”.
“Cercherò di superarlo… ce la farò se tu mi sarai vicino”.
“Non dubitare mai di questo” dissi e le detti un piccolo bacio sulla punta del naso.
“Credo che… dovremmo tornare nelle nostre stanze” suggerì.
“Va bene” risposi, abbracciandola di nuovo, respirando ancora una volta il suo profumo, con la convinzione che d’ora in avanti ci sarebbero stati altri momenti come questo.
Ci separammo, la accompagnai alla sua stanza, lei entrò e prima che potesse richiudere la porta le dissi “Dimmi che non è stato un sogno, Fran, che tra poco ti rivedrò di nuovo e ti terrò di nuovo tra le mie braccia… promettimelo”.
Lei sorrise. Dio, adoravo quel sorriso. “Te lo prometto Joe”.
Si voltò e chiuse la porta. Restai per un momento lì fermo, guardando quella porta chiusa, come se fissandola continuamente avessi potuto vederne l’interno. Questo mi ricordò che Françoise possedeva una vista a raggi X e forse, in quello stesso momento, stava osservando me dalla sua stanza. Arrossii di nuovo, sorrisi e tornai nella mia camera.
L’orologio segnava già le 3:38 del mattino. Tolsi la t-shirt e mi sdraiai, chiudendo gli occhi. Non riuscivo a credere a quello che era accaduto, era come un sogno, mi sentivo finalmente vivo, come non lo ero mai stato.
Improvvisamente, sentii un piccolo rumore. Mi alzai di scatto, rimanendo seduto sul letto, e vidi Françoise all’ingresso della mia stanza, stava mordendosi il suo labbro inferiore e stava torturando il suo pigiama con una mano.
“Io… io mi stavo domandando se posso rimanere con te stanotte…voglio dire… senza fare niente… vorrei solo dormire tra le tue braccia, se… se per te va bene”.
Mi mossi subito verso l’altra parte del letto e detti un colpetto sul lato rimasto libero. Chiuse la porta e si avvicinò lentamente, potevo quasi vederla tremare. Ero nervoso anch’io e non potevo negarlo.
Lei si sdraiò accanto a me, poggiò la testa sul mio petto ed io raccolsi le coperte sopra i nostri corpi. Poi l’abbracciai di nuovo.
“Ti sembra strano tutto questo?” mi chiese.
“Un po’, ma credo che mi ci abituerò facilmente, e a te?”
“Anche per me…però… mi piace sentire il battito del tuo cuore”.
Allungai una mano verso l’orologio e programmai la sveglia alle 7:30, così sarebbe potuta tornare nella sua stanza inosservata. Chissà cosa sarebbe potuto succedere se qualcuno, per esempio 002, avesse visto uscire Françoise dalla mia camera di mattina presto…
Il respiro di Françoise divenne più costante ed in pochi minuti si addormentò. Rimasi sveglio per almeno un’altra ora, guardandola dormire, accarezzandole i capelli. Dio, sono davvero innamorato!, pensai, non accadrà niente a questo bellissimo angelo, finché avrò vita, lo giuro.
Con quest’ultimo pensiero in mente, mi lasciai andare al sonno, con il mio amore tra le braccia ed una nuova ragione per sopravvivere. Ero felice.
Liberamente tradotto da “The rewards of insomnia” di EmEx su consenso dell’autore.
© 08/09/ 2007
Cyborg 009 Fanfiction di www.cyborg009.it è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported
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